Il giocatore di basket basso un tempo era alto. Alle elementari. Per questo ha cominciato a giocare a basket.
I compagni del giocatore di basket basso erano alti come lui. Poi, verso i 14 anni, hanno cominciato a crescere come piante annaffiate. Lui no: a un certo punto si è fermato e ha visto gli altri superarlo di un dito, una mano, una spanna. E lui lì sotto.
È a quel punto che il cestista basso, non potendo competere sotto canestro, si è specializzato in palleggio, velocità, assist, tiri da fuori e ubiquità. Ubiquità soprattutto.
Il cestista basso corre come un cavallo, palleggia come avesse uno yo yo, capisce dove saranno precisamente i compagni di lì a 4 secondi quando loro, quelli alti, ancora non sanno dove andare.
È circondato da pindoloni con arti spropositati che scappano da tutte le parti, mentre lui, il giocatore di basket basso, li tiene perfettamente sotto controllo.
Gestisce la squadra da centrocampo, indica a quei giraffoni dove andare, e se quelli si sbagliano è capace di recuperarsi da solo la palla a spicchi dopo averla vista andare a vuoto. Corre, prende, riporta al centro.
Il cestista basso fa del suo baricentro il centro del gioco. È il perfetto esempio di come si trasforma un difetto in pregio, l’immagine viva del riscatto di tutti i bassi del mondo.
Se non fosse che è basso solo in campo.
Il giocatore di basket basso, se lo vedi lontano dai suoi compagni, non è basso per niente.
Il giocatore di basket basso è un bellissimo bluff.
(Martina Chiarani)